video con sottotitoli a cura di Elena Cesari*


«Accogliere / la gioia, è il mestiere di tutta la vita»

(da Il giardino della gioia,  Mondadori, 2019)


Biobibliografia

Maria Grazia Calandrone è poeta, scrittrice, giornalista, drammaturga, insegnante, autrice e conduttrice Rai (ultimo ciclo: Esercizi di poesia), regista per «Corriere TV» dei videoreportage sull’accoglienza ai migranti “I volontari” e “Viaggio in una guerra non finita”, su Sarajevo. Tiene laboratori di poesia in scuole pubbliche, carceri, DSM. Premi Montale, Pasolini, Trivio, Europa, Dessì e Napoli per la poesia, Bo-Descalzo per la critica letteraria. Ultimi libri Serie fossile (Crocetti 2015, Feltrinelli 2020), Gli Scomparsi – storie da «Chi l’ha visto?» (Pordenonelegge 2016), Il bene morale (Crocetti 2017 e 2019), Giardino della gioia (Mondadori 2019 e 2020), Fossils (SurVision, Ireland 2018), Sèrie Fòssil (Edicions Aïllades, Ibiza 2019), l’antologia araba Questo corpo, questa luce (Almutawassit Books, Beirut 2020) e il romanzo Splendi come vita (Ponte alle Grazie 2021). Porta in scena il videoconcerto Corpo reale. Ha curato la rubrica di inediti «Cantiere Poesia» per «Poesia» (Crocetti). Sue sillogi compaiono in antologie e riviste di numerosi paesi. www.mariagraziacalandrone.it


Intervista

1. La parola è parte di un linguaggio conoscitivo e creativo, definisce e scardina. Qual è una parola che ritieni abbia rappresentato la tua esperienza poetica?

Senz’altro la parola compassione, che rappresenta l’esercizio di identificazione col sentire dell’altro/a. La parola valga nella vita e nell’opera, altrimenti si tratta di esercizi di stile, nei confronti dei quali provo sempre meno interesse. Intendo dire che, a mio parere, la persona che scrive dovrebbe andare dietro le parole, le parole sono come il cuore che, nel proverbio arabo, viene lanciato oltre l’ostacolo. Le parole sanno più cose di noi, la nostra intelligenza sta nel seguirle, nel comprendere che sono uno straordinario strumento di conoscenza, prima di sé poi del mondo. 

La parola compassione è precisamente il ponte che porta da sé al mondo, che ci permette di sentire, grazie al sentimento infallibile che Dante meravigliosamente nomina «intelletto d’amore», che i nostri sensi, sentimenti e diritti, nella parte più remota, profonda e interna di noi, sono quelli di chiunque. La parola compassione è, dunque, strumento della comunità e dell’uguaglianza.

2. Madri e padri del proprio percorso poetico: qual è il tuo rapporto con la tradizione letteraria e come essa ha influenzato la tua scrittura poetica?

Da bambina ho attinto a piene mani dalla biblioteca domestica, ho letto precocemente di tutto, da Pavese a Sartre a Moravia a Bradbury. Quando ho cominciato a comprare libri da sola, ho scelto molta poesia, soprattutto autori russi che hanno scritto i loro versi durante la Rivoluzione del ’17 e allora è avvenuto il primo contatto con la poesia femminile, di Marina Cvetaeva e Anna Achmatova. Conosciuti quei toni e quelle atmosfere, non ho più potuto farne a meno, li ho anzi ricercati continuamente: la qualità speciale di quella poesia sta nell’adesione viscerale alla realtà, sia nei casi di poeti esuli come Cvetaeva, oppositori interni come Achmatova, vittime come Mandel’stam, oppure più blandamente (Pasternak) o apertamente (Majakovskij) partigiani della rivoluzione. Quel periodo storico e letterario rimane esempio della trasformazione della realtà in arte: non trasfigurazione, ma attenzione al dettaglio, dalla testimonianza più dolente e ironica all’idealità più appassionata. La poesia della rivoluzione russa mostra la più vasta gamma di possibilità d’intervento della poesia sulla e nella vita reale. Altro che evasione!


Questo video è parte del progetto “Una come lei”.


*Elena Cesari

Nata a Castel San Pietro nel 1982, Elena Cesari è educatrice di professione. Da anni appassionata di pratiche e saperi agroecologici, è stata anche operatrice dell’accoglienza, insegnante di italiano L2 a persone di ogni età e provenienza geografica. Ha pubblicato Una viola, una pigna, un’ombra (Fondazione Mario Luzi Editore, 2014) e L’essenziale delle cose perse (Edizioni LietoColle, 2015). Attualmente studia la Lingua dei Segni Italiana ed è iscritta al Corso di Alta Formazione in “Linguaggi per l’accessibilità e l’inclusione” dell’Università di Bologna.