sottotitoli a cura di Elena Cesari*


«Cammina lungo il fiume, attendi che l’acqua si increspi. Stringi forte fra le dita il sasso appuntito, imponiti la ferita.»

(da Diorama, TLON, 2021)


Biobibliografia

Laura Di Corcia vive e lavora nella Svizzera italiana, dove lavora come insegnante e collabora con varie testate giornalistiche e radiofoniche in qualità di critica letteraria e teatrale, nonché di drammaturga. Ha pubblicato la raccolta di poesie In tutte le direzioni (LietoColle, 2018); Epica dello spreco (Milano, Dot.com Press Poesia); la biografia sotto forma di intervista Vita quasi vera di Giancarlo Majorino (Milano, La Vita Felice, 2014; serie Sguardi), un lavoro con spessore filologico. Alcuni suoi testi sono stati selezionati per un’antologia di poeti italiani in America curata dal professor Luigi Ballerini, di prossima pubblicazione. La sua nuova raccolta di poesie sarà pubblicata a settembre dalla casa editrice TLON, per la collana Controcielo.


Intervista

1. La parola è parte di un linguaggio conoscitivo e creativo, definisce e scardina. Qual è una parola che ritieni abbia rappresentato la tua esperienza poetica?

Il movimento. Inteso come metamorfosi, ovvero le tappe che permettono a un ente, qualcosa che si manifesta nel mondo, di trasformarsi in altro, spesso nel suo opposto. Mi affascina come il passato sia in realtà il perimetro in cui avvengono tutte le cose e come il futuro non sia che una riscrittura continua di un trauma originario dal quale non possiamo liberarci. Se il trauma è qualcosa di fisso, esso ha una forza centrifuga e centripeta che dà origine a tutto. La parola serve a indagare quei movimenti, seguirli, quasi pedinarli. Potrebbe avere la forma di un giallo, di un enigma da risolvere ogni volta. Perché prima di tutto il nostro tornare in quel luogo si concreta sempre in nuovi percorsi, e in seconda battuta quel luogo non è sempre lo stesso, cambia e si manifesta in modi diversi. Ad ogni modo, noi ci torniamo sempre, in quel posto originario, “in quel silenzio frontale dove”, per citare un poeta, “eravamo già stati”.

2. Madri e padri del proprio percorso poetico: qual è il tuo rapporto con la tradizione letteraria e come essa ha influenzato la tua scrittura poetica?

Mi viene difficile parlare di madri e padri, più che altro le scritture su cui mi sono formata sono qualcosa che mi accompagna sempre. Un basso continuo che sta lì, in una zona sotterranea, pronto a riattivarsi e a svelare nuove cose. Mi porto appresso alcuni versi che sono quelli della tradizione letteraria poetica del Novecento, anche se non è detto che la mia scrittura sia troppo vicina a questi versi amati. Qualche nome? Gozzano, Montale e Sbarbaro, Cristina Campo, Giorgio Caproni, Giovanni Raboni, Andrea Zanzotto, Amelia Rosselli, Giancarlo Majorino (con cui ho dialogato a lungo, in un periodo molto fecondo in cui è nata anche una biografia critica), Maurizio Cucchi, Patrizia Valduga, Fabio Pusterla, Milo De Angelis. Ultimamente sto leggendo e sentendo un’enorme vicinanza con le recenti scritture di Antonella Anedda. E poi le straniere Anne Carson, Marianne Moore e Joy Harjo.


Questo video è parte del progetto “Una come lei”.


*Elena Cesari

Nata a Castel San Pietro nel 1982, Elena Cesari è educatrice di professione. Da anni appassionata di pratiche e saperi agroecologici, è stata anche operatrice dell’accoglienza, insegnante di italiano L2 a persone di ogni età e provenienza geografica. Ha pubblicato Una viola, una pigna, un’ombra (Fondazione Mario Luzi Editore, 2014) e L’essenziale delle cose perse (Edizioni LietoColle, 2015). Attualmente studia la Lingua dei Segni Italiana ed è iscritta al Corso di Alta Formazione in “Linguaggi per l’accessibilità e l’inclusione” dell’Università di Bologna.