«Quei tentativi come fervore lungo la sera, come ticchettii alla gola e una estesa gentilezza e poi il giorno e il pensiero che cerca un posto e lo svolgersi dei momenti coincidere con un passo, un canto iniziale. L’esterno ovunque sia, dove siamo risuona.»
(Se le avventure fossero giorni, Howphelia, 2021)


BIO-BIBLIOGRAFIA

Martina Campi è autrice e performer. Ha pubblicato: Se le avventure fossero giorni (Howphelia 2021), testo nato con la serie game: start, progetto artistico audiovisivo realizzato insieme al compositore Mario Sboarina, per la piattaforma Howphelia; Partitura su riga bianca (Arcipelago itaca, 2020), Quasi radiante (Tempo al libro, 2019), La saggezza dei corpi (L’arcolaio, 2016), Cotone (Buonesiepi Libri 2014), Estensioni del tempo (Le Voci della Luna Poesia, 2012 – Vincitore Premio Giorgi). E’ presente nell’opera corale ‘Bestie – femminile animale’ (Vita Activa Nuova, 2023) insieme a Valeria Bianchi Mian, Ksenja Laginja, Teodora Mastrototaro e Silvia Rosa, e nella plaquette ‘È così l’addio di ogni giorno’ (Corraino Edizioni, 2015, a cura di Niva Lorenzini). Curatrice, con A. Brusa e V. Grutt, di ‘Centrale di Transito’ (Perrone Editore, 2016). La sua poesia è tradotta in varie lingue e presente su litblog, riviste e antologie e progetti corali. Ha partecipato a festival letterari e musicali e collaborato con alcune realtà poetiche bolognesi. Dal 2017 al 2019 ha partecipato a ‘Il banchetto di Rosaspina – Di virtù e maledizioni’, Spettacolo di Teatro, Poesia e Favola, di e con Alessandra Gabriela Baldoni; con Giancarlo Sissa, Luna Marie, Mario Sboarina. Ha fatto parte, dalla prima edizione del 2013 e fino al 2023, del Comitato Bologna in Lettere. Co-fondatrice, insieme al compositore polistrumentista Mario Sboarina, del progetto ‘Memorie dal SottoSuono – The poetry music experience’ e co-ideatrice, insieme a Giusi Montali, del format multimediale di poesia ‘formula_truepoetry’.


INTERVISTA

1. La parola è parte di un linguaggio conoscitivo e creativo, definisce e scardina. Quale parola ritieni abbia rappresentato la tua esperienza poetica?

“Tempo. Suono. Silenzio. Assenza. Spazio. Vuoto. Confini. Rarefazione. Ascolto.

Circa undici anni fa è uscito il mio primo libro: Estensioni del tempo. Si potrebbe pensare che la risposta alla domanda sia già esplicitata dal titolo. Nel tempo lo hanno seguito altre cinque pubblicazioni e l’ultima, di fine 2021, ha il titolo di Se le avventure fossero giorni. La risposta ha richiesto giorni di riflessione e di ascolto.
Non riuscivo a scegliere perché, se da un lato il percorso sembrava semplice e già tracciato in superficie, allo stesso tempo non riuscivo a definirla: pretendevo di nominare la parola perfetta, come se rispondere significasse inciderla sulla pietra della enunciazione del web, ove tutto resta eternamente presente e contemporaneamente disperso nell’accumulo di informazioni.

La immaginavo già cristallizzata nel momento esatto del nominarla e perciò doveva essere totale. E poi doveva essere portata in luce e poi processata e analizzata, e poi sezionata e fatta risuonare, lanciata nell’acqua, ascoltata insieme alla sua eco.
Così ogni parola si allontanava, apparteneva alla critica, apparteneva a una sfera troppo privata, o doveva in qualche modo essere definita.
A breve la svelerò, ma prima vorrei ascoltare risuonare e depositarsi nello spazio interno ciascuna di queste parole che mi abitano, si muovono nei miei testi dall’inizio e creano tensione, creano un movimento.

Ve ne sarebbero ancora, altre parole come radianza, come divenire, come relazione.
Ho capito che rispondere alla domanda non era solo un semplice esporre, era un vero e proprio viaggio tra i miei testi, tra il mio dire, tra parola e non parola, tra gli anni intercorsi e, infine, dentro di me, ancora una volta con carta e penna, fogli stampati, e matita. Così dalla scrivania sono partita per questo viaggio.
Ecco quello che è accaduto.

Tempo. Suono. Silenzio. Assenza. Spazio. Vuoto. Confini. Rarefazione. Ascolto. Radianza. Divenire. Relazione. Sentire.
Queste parole sono degli amuleti, sono le custodi, i portali, gli elementi, gli assi, le matrici, i dispositivi, i segnali, le tracce, sul mio personale sentiero da percorrere, quando non tracciare, per esperire anche la dimensione fisica (ed emotiva) fuori dal dualismo.
La scelta non può essere interferita dal pensiero schematico, o dal timore di non selezionare la parola “più vera”, o di non renderla poi nel modo più esaustivo, oppure, al contrario, troppo personale!

Tutto è iniziato a cambiare quando ho dato spazio a questa tensione interna. Cosa succede tra la parola Tempo e la parola Suono? E tra Confine e Assenza? Che cosa succede se le dispongo in un sistema quasi architettonico (una struttura) tutte e tredici e poi ne sottraggo una e la pongo all’esterno?

Ecco cosa è emerso: luogo di scoperta del non-separato è Confini, è Ascolto. Confini e Ascolto sono le parole dell’azione e dello spazio di questo movimento creativo (inevitabilmente ne è coinvolto anche il corpo, e la scoperta anche attraverso il corpo).
Dall’ascolto degli stati interni, dall’ascolto della risonanza provocata da ciò che raggiunge dall’esterno, dall’ascolto dei fenomeni, del suono, di uno stare che è in relazione, si producono / nascono / si propagano movimenti, prossimità, equilibri di interi, fusione e autonomia/distacco.

Il confine è il luogo del paradosso: apparentemente divide e in realtà testimonia l’indissolubilità, contribuisce a costituire l’intero, salvaguarda dal dissolversi e costituisce relazione. Il confine interno/esterno, il confine io/noi, il confine parola/non parola.
Non voglio elencare tutta una serie di possibili confini, ne ho nominati alcuni tra quelli che si possono ritrovare nei miei testi, affinché, da questi, se ne possono propagare altri, nella mente di chi sta leggendo e vuole indagare i propri. Oppure ascoltare l’emersione della propria parola, intrinsecamente connessa alla voce, al suono”.

2. Madri e padri del proprio percorso poetico: qual è il tuo rapporto con la tradizione letteraria e come ha influenzato la tua scrittura poetica?

“C’è la tradizione che ho assorbito inconsciamente, la tradizione che ho studiato dapprima a scuola, e, in seguito, attraverso studi, ricerche e risonanze personali. C’è l’incontro con quel qualcosa che resta, che sopravvive al tempo e resiste alla caducità dei supporti. Il mio rapporto di ricezione è questo incontro:
l’entrare in una relazione presente, una relazione orizzontale e di ascolto, più che una eredità tramandata verticalmente. Autori e autrici del passato convivono, si agitano e combinano, con le autrici e gli autori del mio presente, e di un passato futuro. Da prima ancora di iniziare a parlare so di avere assorbito, respirato, accolto, rifiutato, non compreso, ritrovato. La mia scrittura poetica è stata ed è influenzata costantemente da quello che mi attraversa. Ho vissuto fin da bambina la necessità di leggere poesia e sentire le parole risuonare nella stanza, oltre che nella testa e nella bocca, e persino nei passi, camminando avanti e indietro mentre ripetevo a voce alta e imparavo a memoria. Iniziare a scrivere è stata una evoluzione naturale. Contemporaneamente la mia scrittura poetica si nutre di letteratura in senso ampio, di cinema, di musica, di filosofia, di psicologia, di neuroscienze. E si nutre di visioni, di viaggi, di attese, di piccole scoperte, di abbracci, dei gesti ripetitivi e sempre nuovi del quotidiano, di rapporti intra e interspecifici, di sbalzi e precipizi, di margini e di vuoti, di avventura. Quello che incontro e accade mentre compio il mio viaggio come animale umano che tenta di dare al proprio esistere una traccia chiara, e al contempo visionaria. Una scrittura che evolve, diviene, assorbe, combina, traspone, crea, restituisce, evoca, compone, ricerca, perde, custodisce, quello che cerca, che la ossessiona, che incontra o da cui si lascia incontrare. Per divenire una scrittura che apre, che contiene”.


Questo video è parte del progetto “Una come lei”.