«Se fosse questo un mondo a metà tra mondi»

da Demi-monde, NEM, 2020.


Biobibliografia

Silvia Righi (Correggio, 1995), vive a Milano. Laureata in Lettere Moderne presso l’Università Statale di Milano con una tesi sulla casa editrice-rivista Forum/Quinta generazione, si occupa da cinque anni di comunicazione ed eventi culturali, collaborando all’organizzazione di manifestazioni come Festivaletteratura (Mantova) e Festa del Racconto (Carpi). Durante l’edizione 2020 di Festivaletteratura, ha curato la rubrica di poesia Due punti per la webradio del Festival. Collabora con i blog Formavera e MediumPoesia. Sue poesie sono apparse sui blog Formavera, Le parole e le cose, MediumPoesia, Disgrafie e Nuovi Argomenti. Con il racconto Cercate Raperonzolo? è tra i vincitori del bando italo-tedesco 2021 promosso dalla Fondazione Heimann. Nel 2020 ha pubblicato con la casa editrice NEM la sua opera prima, Demi-monde con la prefazione di Tommaso Di Dio.


Intervista

1- La parola è parte di un linguaggio conoscitivo e creativo, definisce e scardina. Qual è una parola che ritieni abbia rappresentato la tua esperienza poetica?

Desiderio. È una parola che riesce a non escludere il corpo dall’equazione della spiritualità. Significa erotismo ma significa anche volontà di penetrare sotto la pelle dell’altro, per conoscerlo nella sua nudità di ossa, in modo che non possa più sfuggirci. Il desiderio è una sfida per il linguaggio perché il linguaggio dovrà necessariamente rispecchiare la possibilità insita nel desiderio, e dunque dovrà moltiplicarsi.

2- Madri e padri del proprio percorso poetico: qual è il tuo rapporto con la tradizione letteraria e come essa ha influenzato la tua scrittura poetica?

Rispetto alla tradizione letteraria credo sia necessario essere contemporaneamente orfani ed eredi. L’unico modo per ereditare davvero è imparare ad essere eretici (nel senso etimologico del termine, eretico significa “che sceglie”): tornare dai padri e dalle madri sapendo di non avere più bisogno di loro. La scoperta della lirica trobadorica ha fatto sì che la mia poesia si evolvesse, mi ha spinta a cercare le parole per descrivere l’architettura del desiderio. Una grande madre di cui soffro l’ombra è sicuramente Anne Sexton.


Questo video è parte del progetto “Una come lei”.